16/2/2016 – Giovedì scorso, 11 febbraio, sono stati sequestrati i “chioschi” di Capocotta. “Finalmente è stato preso un provvedimento che aspettavamo da oltre dieci anni – dice Maria Gabriella Villani, vicepresidente del WWF Litorale Laziale – Tutti i chioschi si erano estesi notevolmente a scapito della duna, rispetto al progetto originario che prevedeva 64 mq di spazi chiusi. Da anni il WWF chiedeva che venisse ripristinata la legalità e soprattutto si tutelasse l’ambiente: Capocotta infatti si trova all’interno della Riserva Naturale Statale Litorale Romano, istituita con D.M. del 1996 ed è tutelata anche dalle norme europee in quanto area inserita in un Sito di Interesse Comunitario ed in una Zona di Protezione Speciale”. Il Comune di Roma aveva realizzato i 5 chioschi originari nel 1995, consegnandoli nel 1996; successivamente era stato aggiunto il chiosco naturista. Nel 2000 erano state firmate le convenzioni per la gestione con un accordo decennale, prorogato poi in maniera discutibile, considerata la situazione, fino al 2015. L’11 febbraio la Polizia Municipale del X, ha sequestrato i chioschi denominati Zagaja, Mediterranea, Chiosco naturista, Porto di Enea, Mecs Village, mentre il Settimo cielo era stato sequestrato già il 28 gennaio. – aggiunge Maria Gabriella Villani – Il primo vizio di fondo che ha generato questa situazione di illegalità a nostro avviso è stato consentire la ristorazione. Come è possibile gestire un ristorante con soli 64 mq di spazi chiusi? Per un ristorante occorrono dispensa, cucina, cella frigorifera, bagni adeguati e un minimo di spazi per la clientela. Per rientrare degli investimenti fatti e stipendiare tutto il personale è necessario avere tanti clienti, e per avere tanti clienti servono ancora più spazi… Insomma, il raziocinio doveva suggerire, prima della stipula della convenzione, che sarebbe stato impossibile: e infatti la situazione creatasi a Capocotta in questi anni ce lo ha confermato chiaramente. Roma è l’unica capitale d’Europa ad avere all’interno del proprio territorio un ecosistema così prezioso e particolare, che però diventa fragile nel momento in cui è sottoposto ad un intenso sfruttamento turistico balneare. Osserviamo un particolare di primaria rilevanza: la spiaggia di Capocotta, peraltro in erosione, non è così ampia dar potere ospitare sul proprio arenile servizi di ristorazione, come quelli che hanno operato fino ad adesso. In alcuni tratti la distanza tra la linea di battigia e la via Litoranea è meno di 100 metri. Il principale obiettivo di gestione della spiaggia di Capocotta deve essere quello di tutelare questo ambiente unico: il secondo vizio di fondo è stato pensare che potessero essere i gestori stessi dei chioschi a tutelarlo! Riconosciamo che la macchia mediterranea, oggi, grazie ai camminamenti sopraelevati realizzati dal Comune, si trova in una situazione migliore rispetto al 1995, ma non ottimale: sono ancora troppi i buchi nella recinzione ed i corrispondenti camminamenti irregolari che lasciano scoperti da vegetazione centinai di metri quadrati. Inoltre, a causa dell’insabbiamento causato da questo calpestio, stanno scomparendo le preziose aree umide retrodunali. La pulizia dell’arenile con mezzi meccanici ha danneggiato la duna, e appiattendo la spiaggia ha incrementando il fenomeno dell’erosione da parte del mare. E l’inserimento di piante esotiche invasive, come il fico degli Ottentotti (Carpobrotus edulis), sta sottraendo spazi sempre maggiori alle piante autoctone caratteristiche della duna costiera. Chi sono i responsabili di questa situazione? “Ci sembra assurdo che la capitale d’Italia non abbia le risorse, economiche ma soprattutto umane, per gestire un territorio così prezioso ed importante. Ora si faccia tesoro dell’esperienza e nella nuova convenzione non si ripetano gli stessi errori”.
LETTERA INVIATA OGGI AL CORRIERE DELLA SERA PER LA SITUAZIONE DEL LITORALE ROMANO DI CAPOCOTTA E IN SPECIAL MODO DELL’OASI NATURISTA DI CAPOCOTTA
La formula pensata dal Comune di Ostia ormai 17 anni fa è stata di 5 capanni più uno, l’Oasi Naturista di Capocotta.
Le strutture messe in opera, sono rimaste proprietà del comune e date in gestione.
La struttura per i 250 mt adibiti al naturismo è pensata più piccola e viene data in gestione dalla giunta Rutelli, nella persona stessa del sindaco, nel 1999 a Sandro Lauri e Veronica Ciotoli con delibera e non con bando di concorso che incorre in scadenze rinnovabili.
Le 5 strutture si riuniscono in consorzio e quella dell’Oasi prosegue come ditta individuale.
Negli anni abbiamo assistito al graduale ampliamento dei chioschi, vista l’incredibile affluenza di avventori. Il chiosco dell’Oasi aggiunge al corpo centrale due piccole ali che vengono condonate e col tempo una terrazza su palafitte di legno per coprire i sacchi di sabbia.
Perché i sacchi di sabbia? Fin dal 2000 in una riunione sulle condizioni dell’arenile di Capocotta, Veronica lamentava l’erosione in quel mix micidiale con le mareggiate che stava divorando a passi da gigante la spiaggia, quasi fino al perimetro delle dune. Il suo appello rimase inascoltato e a sue spese e con l’aiuto di alcuni avventori, si vide obbligata ad arginare il mare per proteggere l’attività e le dune.
Sono stati anni difficili per i nostri gestori, hanno dovuto combattere a fianco della natura per lasciarla intatta senza che il mare infierisse su quel patrimonio di fauna e flora che caratterizza la meraviglia del nostro litorale romano. Hanno dovuto altresì occuparsi a loro spese di tutto ciò che riguarda l’igiene e l’abitabilità del chiosco, dall’allaccio delle fognature, a quello dell’acqua, alla cabina elettrica, ad un servizio di cucina perfettamente a norma, il servizio di salvamento con due bagnini, e la costante presenza accanto a noi, ad evitare quella deriva sessuale con la quale purtroppo ancora oggi, in Italia, si tende a confondere il naturismo.
La nostra associazione ANOCA (associazione naturista di capocotta) nasce a tutela dell’ambiente del chiosco di Sandro e Veronica e con la ferma volontà, dunque, di mantenere la loro gestione.
Senza alcun preavviso giovedì 11 febbraio sono stati posti i sigilli a tutti i chioschi, alle 6.30 del mattino, ed è stata posta fine ad un’epoca e alla salvaguardia di un territorio speciale e direi ormai unico nel suo genere. Luoghi che accolgono senza avere nulla che corrisponda agli stabilimenti. Sorgono sulla sabbia, con le dune alle spalle e si aprono sul mare con quell’atmosfera marina e vera che abbiamo perso quasi ovunque.
Sabato scorso noi, come ANOCA, abbiamo organizzato un sit in di protesta davanti al nostro chiosco.
Arrivando sono stata bloccata dal gestore del Porto di Enea, non faceva che ripetermi che non si capacita di come possano aver apposto i sigilli a strutture che sono del Comune, che avrebbe buttato giù gli abusi – se glielo avessero chiesto. Era accompagnato da una persona che lavorava con lui e si aggiravano febbrili senza poter attraversare l’odiosa striscia del divieto.
All’entrata del ponticello di legno che scavalca le dune (nel loro rispetto) e che porta al Porto di Enea e poi all’Oasi Naturista di Capocotta, è stato posto uno sbarramento di legno per cui bisogna scavalcare per raggiungere la spiaggia. Una ragazza ha parcheggiato e ha chiesto ad un signore come poteva entrare per andare al ristorante, e l’uomo le ha detto di andare via, che non c’era più nulla, la giovane donna era così incredula da continuare a chiedere come potesse entrare, credeva fosse uno scherzo.
Giunta al nostro chiosco dell’Oasi, ho appurato innanzitutto l’oscenità del divieto e tutte le cose acquistate negli anni da Sandro e Veronica, rapite all’interno e lì abbandonate, rubate fondamentalmente, sempre che non vengano portate via pezzo dopo pezzo, di notte dai ladri comuni.
Poi il nostro marocchino Abdul, simbolo del posto, regolarmente registrato, che per 20 anni ha vissuto lì e che ora non ha più terra né pace, ci è venuto incontro.
Ho visto in quell’uomo tanta di quella disperazione che ho imprecato contro l’ipocrisia di questo stato che abbraccia i migranti e intanto ignora quelli che lascia morire.
Noi come associazione dell’Oasi, chiediamo il ripristino dello status quo quanto prima, senza esimerci dal monitorare ogni movimento venga compiuto attorno a quel pezzo di paradiso, pronti a intervenire legalmente per qualunque abuso venga messo in atto.
E’ a noi evidente che l’interesse economico la fa da padrone e mangiarsi un’area preziosa come Capocotta corrisponde alla ricchezza e ad un nuovo scempio ambientale.
Lorenza Spadini
presidente dell’ANOCA