16/10/2025 – Si può attribuire l’aggettivo genio ad un artista? Nella religione romana si parlava di “uno spirito, di un nume tutelare, considerato il custode benevolo delle sorti delle famiglie e dei singoli individui”.
O meglio, è riferito ad una speciale attitudine naturale a produrre opere di importante rilevanza artistica, scientifica o sociale.
Ecco allora che ci piace pensare all’artista così, se come nel caso di Salvador Dalì, è colui che riesce ad emozionarti nel profondo, a far strabuzzare gli occhi, a meravigliarti proprio perché Genio.
Da domani, e fino al prossimo 1 febbraio a Palazzo Cipolla in via del Corso, sarà possibile ammirare la mostra “Dalì, tradizione e rivoluzione” e mai titolo fu più appropriato per raccontare un personaggio così complesso, spesso ritenuto stravagante ma in realtà unico. Un “umanista provocatorio” che nel corso della sua esistenza ha raccontato la sua grande passione per quattro pittori: Picasso, Vermeer, Velasquez e Raffaello e di come abbia studiato anche spasmodicamente la loro arte tanto da esserne influenzato.
Nell’esposizione promossa dalla fondazione Roma, in collaborazione con la Fundaciò Gala Salvador Dalì ed in patrocinio dell’ambasciata di Spagna, oltre che passare in rassegna alcuni capolavori dell’artista catalano, è possibile vedere anche alcune composizioni proprio di Picasso (verso il quale c’è sempre stata ammirazione ma anche grande rivalità) e, eccezionale ospite, un autoritratto di Raffaello al quale sembra essere stato ispirato Dalì per dipingere un suo autoritratto del 1921 peraltro simbolo della mostra romana.
In rassegna anche documenti, disegni, foto che lo ritraggono nel suo atelier, video interviste a completare il percorso del pittore che si definiva “salvatore dell’arte moderna” e “Raffaello del suo tempo”.
È in fondo, una passeggiata nella storia dell’arte con oltre 60 opere esposte suddivise in quattro sezioni e tra i capolavori, “La perla, l’infanta Margherita di Spagna”, una rielaborazione del celebre dipinto di Velasquez e ancora, “L’immagine scompare” del 1938, il surreale “Elementi enigmatici in un paesaggio” del 1934 dove il colore predomina e le figure minuscole sono sovrastate dagli elementi circostanti. E come non citare “La velocità massima della Madonna di Raffaele” (1954), in riferimento alla Madonna del Cardellino e “La merlettaia”.
Sì, rivoluzione e tradizione si intrecciano nella pittura di Dalì restituendo un ritratto straordinario di questo artista senza tempo.



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