11/2/2025 – “La malattia fu un fattore costante durante tutta la mia infanzia e la mia giovinezza. La tubercolosi trasformò il mio fazzoletto bianco in un vittorioso stendardo rosso sangue. I membri della mia cara famiglia morirono tutti, uno dopo l’altro”. Così, si raccontava Edvard Munch. Una confessione? Una “giustificazione” in merito alla sua produzione? Di certo, quanto vissuto in tenera età ha influito sulla sua Arte della quale è simbolo il celebre “L’Urlo” ma non solo. La mostra inaugurata oggi a Palazzo Bonaparte racconta l’uomo e l’artista in bilico tra ricordi e talento. Tra dolori e perdite (la madre morì di tisi quando Edvard aveva 5 anni e così anche la sorella quando lui ne aveva tredici). Una rassegna monografica di 100 opere provenienti dal Munch Museum di Oslo che giunge a Roma a distanza di oltre 20 anni dall’ultima. Diciamo subito che “L’Urlo” non è esposto in questa occasione e questo anche perché il dipinto icona dell’artista, è stato protagonista di uno dei furti, anzi due, più clamorosi della storia. Il Museo Munch di Oslo possedeva tre versioni, solo una esposta, e le altre due conservate in magazzino. Il primo episodio il 12 febbraio 1994. I ladri entrarono facilmente all’interno del museo: sfondarono solo una finestra per accedervi. L’allarme scattò subito, ma il custode non ebbe il tempo di intervenire. In soli 50 secondi rubarono L’Urlo e i ladri al suo posto lasciarono un biglietto molto impertinente: “grazie per le misure di sicurezza così scarse”. Tre mesi dopo, in un albergo di Åsgårdstrand, l’opera venne ritrovata integra, senza alcun danno e si parlò di un riscatto. Nel 2004 avvenne il secondo furto, un gruppo di sconosciuti trafugò ben due dipinti di Munch: L’Urlo e la Madonna. Nella Capitale è esposta
invece una rara litografia che consente di leggere comunque la disperazione dell’uomo raffigurato su un ponte. Cosa ha visto? Cosa ricorda? Di certo, sappiamo che di questo quadro Munch ha fatto varie versioni. Una ricerca spasmodica alla ricerca del colore per poter raffigurare l’urlo perfetto, la disperazione perfetta. Ponte protagonista di un’altra opera: Disperazione appunto, presente nella rassegna romana che peraltro ha il pregio di esporre una serie di dipinti straordinari a rappresentare Munch come protagonista indiscusso nella storia dell’arte moderna, precursore dell’Espressionismo e uno dei più grandi esponenti simbolisti dell’Ottocento, e interprete per antonomasia delle più profonde inquietudini dell’animo umano. La mostra (visibile fino al 2 giugno) è curata da Patricia G. Berman, una delle più grandi studiose al mondo di Munch, vede esposti capolavori quali Notte stellata (1922–19249), Le ragazze sul ponte (1927), Malinconia (1900–1901) e Danza sulla spiaggia (1904).