20/12/024 – Il caso non è chiuso.
Nessuna archiviazione per il giallo di via Poma così come aveva chiesto la Procura di Roma.
Il Gup (giudice dell’udienza preliminare) Giulia Arcieri, non solo dice no all’archiviazione ma invita ad approfondire ulteriormente le indagini indicando anche la via, peraltro a suo tempo accantonata, dei servizi deviati.
Per quanto possibile si riparte da zero per l’assassinio di Simonetta Cesaroni, la giovane massacrata con 29 colpi di arma da taglio negli uffici Aiag, (Associazione Ostelli della Gioventù), il 7 agosto del 1990.
Per quanto possibile perché nelle motivazioni stilate dalla Arcieri la Procura è incitata ad ascoltare in primo luogo gli impiegati presenti allora nell’Associazione, peccato però che la maggior parte di essi non ci siano più perché defunti.
Come defunto è il presidente degli Ostelli, Francesco Caracciolo di Sarno, scomparso nella sua tenuta di Tarano nel 2016.
Un personaggio, stando ad alcuni dossier, definito ambiguo, peraltro tirato appieno nell’inchiesta e che il 9 aprile del 2010, chiamato a testimoniare al processo intentato contro l’ex fidanzato della vittima, Raniero Busco, affermò di non aver mai visto la ragazza. Strano, perché l’aveva assunta, seppur temporaneamente. Assistemmo alla sua deposizione, al racconto del suo alibi (fornito dalla figlia) alibi che fin da subito non ci convinse legato peraltro al fatto che la sua abitazione era a due passi dagli uffici.
E c’è di più, Caracciolo, com’è noto, è invischiato nell’affaire del caveau di piazzale Clodio, definito il “furto del secolo”, avvenuto nella notte tra il 16 e il 17 luglio 1999 (quindi 9 anni dopo il delitto) all’interno del caveau della filiale 91 della banca interna al Tribunale di Roma quando furono trafugate 147 delle 990 cassette di sicurezza, di proprietà di figure di spicco come avvocati (e tra questi anche lo stesso Caracciolo) magistrati e cancellieri, per una stima totale di 17 miliardi di lire e una quantità mai stabilita di documenti che portano al “mondo di mezzo” di Buzzi e Carminati.
Ed ecco perché la Gup invita anche a cercare tra i “poteri forti” con un chiaro riferimento al filone di indagini che riguardava presunti 007 che avrebbero spinto gli inquirenti al depistaggio. Filone messo da parte decenni fa e che oggi torna alla ribalta del giallo di via Poma.
Non sono bastati oltre 34 anni di indagini, tre gradi di giudizio intentati contro Busco (condannato in primo grado a 24 anni, assolto in appello e definitivamente anche in Cassazione). Non è bastato il lungo elenco di personaggi tirati in ballo sin da subito fino alla recente inchiesta che ha riguardato Mario Vanacore, figlio di Pietrino (portiere dello stabile teatro della vicenda) primo grande accusato di quello che oggi chiameremmo femminicidio.
Una cosa è certa, almeno per quanto ci riguarda: la famiglia Vanacore avrebbe sin da subito potuto fornire elementi utili alle indagini. Altrettanto certo è l’avvio delle indagini, accertamenti che hanno fatto acqua da tutte le parti come alcuni protagonisti investigatori hanno ammesso di recente.
E non è servito nemmeno il fatto che il dossier via Poma sia finito all’interno della commissione parlamentare bicamerale Antimafia che pure qualche risultato lo aveva raggiunto. Con la nuova legislatura la vicenda è stata accantonata.