Senza un tetto e non soltanto a Natale. Quattro storie per non voltarsi dall’altra parte


23/12/2022 – Italia, Marocco, Iraq, Tunisia. Quattro Paesi, quattro storie, quattro uomini accomunati, almeno per il momento da una condizione: essere senza tetto. Allo stesso tempo li unisce aver trovato i volontari della Comunità di Sant’Egidio e quindi un riparo, un pasto caldo e tanta solidarietà.

Vivono all’interno di quello che fino a qualche anno fa era il bar della stazione Castel Fusano della ferrovia Roma-Lido, da circa un anno, individuato come riparo per l’emergenza freddo.

Useremo nomi di fantasia, nel rispetto della loro privacy perché al di là della loro attuale condizione, c’è la dignità di un essere umano.
Mohammed, 56 anni di origine marocchina, è in Italia da 1976 dove ha cercato di migliorare la propria vita anche per i suoi sette figli. Qui si è arrangiato lavorando nelle campagne (sempre in nero). Ha vissuto anche all’interno di un furgone poi, recentemente un infarto e la sua situazione è precipitata.
Alì 41 anni viene dall’Iraq ed è da 21 anni nel nostro Paese. È un rifugiato umanitario e ad ostacolare il suo percorso, sono state le lungaggini burocratiche per ottenere i documenti. Accade così che senza papier non si trova lavoro e senza lavoro non si trova casa e si finisce nel baratro.
Hassan è invece un rifugiato politico di 56 anni. Capelli e barba bianchi, un sorriso dietro una iniziale diffidenza nei nostri confronti. È andato via dal suo Paese 14 anni fa perché era in pericolo essendo contrario al governo di allora. Anche lui ha lavorato in nero e, con le difficoltà economiche, è finito in strada.
E poi c’è Andrea. Italiano, 53 anni. La sua è una storia che lo accomuna a molte persone. Sfruttato nel lavoro, separato dalla moglie.. e si finisce per perdere tutto.

No, non sono le storie di Natale. Ma quelle di tutti i giorni. Quelle a cui bisognerebbe guardare sempre e non soltanto nei giorni di festa.

IL RIFUGIO

È Andrea, volontario della Comunità di Sant’Egidio, a ripercorrere l’iter che ha portato all’individuazione di questo rifugio.
Questo locale era chiuso da qualche anno – racconta – e nessuno ha rilevato la licenza del bar. Non c’erano i presupposti. Lo scorso inverno, come ogni anno, il Municipio X nel cercare un ambito, un riparo per i senza tetto, ha individuato questo spazio e, in accordo con Atac ha stabilito di adattarlo a rifugio, attraverso un bando che però è andato deserto. Ed è a questo punto che è arrivata l’assegnazione alla Comunità di Sant’Egidio. Una assegnazione che si è rinnovata anche quest’anno ed in accordo con la nuova gestione regionale. Abbiamo predisposto una decina di posti letto anche se in questo momento le persone ospitate sono cinque. All’inizio – prosegue Andrea – venivano usati i bagni della stazione, ovviamente non idonei soprattutto per gli anziani poi, grazie ai Vigili del Fuoco di Roma, è stato installato un container con docce e servizi igienici adeguati. Ogni notte, due persone sono con gli ospiti per qualsiasi emergenza e, per i pasti, dobbiamo ringraziare alcuni ristoranti del territorio che si mettono a disposizione per garantire pranzo e cena. È chiaro che questo deve essere un trampolino di lancio per una ripresa, per una nuova vita, per riuscire a superare il momento difficile che attraversano e riuscire a trovare una sistemazione più adeguata”.


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