OSTIA SEGRETA – Acilia, le Casette Pater


Acilia, le Casette Pater – Il governo fascista decise di dare un alloggio alle famiglie numerose e più indigenti di RomaFurono lottizzati i terreni intorno alla via del Mare, all’altezza di Borgo Acilio, in frazioni di circa 1000 metri ciascuna e attraverso una schema di vie a reticolo ortogonale, furono collegate tra loro.

Per le case fu eseguito il progetto che prevedeva l’uso di un materiale di costruzione economico, il “Populit”, un materiale costituito da una specie di grossa paglia in fibra di legno pressata e compattata con una velatura di cemento.

Le “Casette Pater”, che ne vennero fuori erano casette bifamiliari su un unico piano, realizzate con pannelli rettangolari di “Populit“; il solaio costruito con intravature complesse sostenenti un tetto di tegole a spiovente, tutte uguali e tutte dotate di oltre 1.000 m² di terreno di pertinenza, per lo più usato ad orto/giardino. Erano prive in origine, di portico, terrazzi, box, soffitte e cantine (non hanno nemmeno le fondamenta).

Erano a pigione bassa di circa 90 lire al mese. Il contratto d’affitto non prevedeva il passaggio in proprietà; se le autorità riscontravano da parte del locatario un diverso uso e destinazione del terreno o della casa il contratto veniva rescisso. Queste casette “rapide”, antesignane dei moderni prefabbricati, dovevano durare qualche anno ma molte esistono ancora oggi, dopo 77 anni.

Per l’inaugurazione di Acilia, con le prime 150 delle 286 casette Pater ancora da costruire, il 21 aprile 1940 venne Benito Mussolini che visitò le prime casette Pater vicino alla via del Mare e nella piazzetta dov’era la Chiesa della Sacra Famiglia oggi scomparsa.

Le casette erano divise ciascuna in due appartamenti, formati da salone angolo cottura, un piccolo bagno, dotato solo di un vaso WC e piccolo lavandino e due camere una grande ed una piccola; anche il terreno veniva diviso a metà per la cura degli orti che numerosissimi crebbero in seguito; l’acqua era a forfait, un grande cassone posto in alto in ciascun bagno raccoglieva continuamente acqua erogata razionata da una chiavetta bollata non regolabile; per irrigare l’orto si scavarono pozzi azionati da pompe idrauliche a mano.

Le casette dovevano essere abitate da due famiglie diverse ma, visto il grande numero di componenti di ciascuna delle “numerose”, il governo fascista decise di dare una casa a famiglia. Paradossalmente ogni famiglia, pur sotto lo stesso tetto, viveva in due appartamenti separati, con due ingressi principali, due cucine, due saloni ma ben 4 camere e due bagni ed un terreno di 1000 m².

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