LA PSICOLOGA – Lo sviluppo personale e la coppia


18/11/2015 – Loredana è una donna di 48 anni, attenta alla cura di sé e all’essere sempre molto femminile e piacente, al farsi riconoscere come valida e perfetta nell’apparire così come nell’essere. Non lavora da quando ha sposato Rino, uomo di grandi possibilità economiche per le origini familiari e per un lavoro di prestigio. Loredana proviene da una famiglia molto semplice e non particolarmente agiata. E’ la prima di quatto figli ed ha sentito su di sé da parte dei suoi genitori e parenti l’aspettativa di un riscatto e di un miglioramento sociale. Aspettative sicuramente ben riposte per il carattere battagliero, per le buone capacità relazionali e per una vivace intelligenza che avevano fatto emergere Loredana rispetto ai fratelli. Rino ha sempre avuto tante ragazze ma mai rapporti di coppia lunghi e con prospettive di vita insieme. Grande sportivo dedito al lavoro, che adora senza il quale si sentirebbe perso, ma soprattutto ai benefici di ciò che gli agi familiari gli potevano permettere. Loredana ha una serie di esperienze di lavoro poco entusiasmanti ed esperienze di coppia anche lunghe, di cui l’ultima con un uomo più giovane di lei, impiegato senza grandi prospettive di carriera, che amava spendere tutto ciò che aveva in viaggi senza progetti di alcun tipo. Una persona di cui Loredana si era innamorata proprio per la sua voglia di vivere la vita ma che per lo stesso motivo non era ben visto dai suoi genitori che, sin da subito, le avevano fatto notare che con lui non sarebbe arrivata lontano. Incontra Rino proprio nel momento di maggiore abbattimento. Un coetaneo, che ascolta tutto il suo malessere, che la appoggia, la fa sentire importante così come Loredana aveva sempre voluto dal suo uomo, che le fa capire che le darà il mondo. Nasce una grande amicizia che però presto si trasforma, per volere di Rino, in un corteggiamento fatto di tanto ascolto e complimenti, tanti complimenti. Si sposano dopo poco. Rino consegna tutto ciò che ha a disposizione nelle mani di Loredana, la gestione dei due figli, la cura delle relazioni sociali, l’organizzazione della intera vita familiare. Una totale delega anche della gestione dei suoi malumori. Lui lavora ma ha tanti spazi anche per stare con Loredana. Spazi che però utilizzano prevalentemente per condividere la passione che li accomuna per lo sport, ne fanno tanti e costosi, coinvolgendo anche i loro figli. Tutto è perfetto. Tutti invidiano la coppia Loredana e Rino. Lui che fa sentire lei la donna più bella e straordinaria del mondo, lei che accoglie tutte le incapacità e la parte adolescenziale del marito nel prendersi cura anche degli affanni emotivi del suo uomo di fronte al più piccolo ostacolo.

Dopo mesi in cui Loredana gli dice che non è contenta, che qualcosa deve cambiare, che si sente schiacciata da ciò che sa fare ma che non ha più voglia di fare da sola, dopo 15 anni di matrimonio arrivano in terapia. Rino, anche per incapacità personale, aveva sottovalutato questi help che la moglie gli lanciava da tanto, ha sempre pensato che fosse solo un momento di passaggio per questa donna che ha sempre gestito tutto splendidamente. Era convinto quindi che prima o poi si sarebbe ripresa. Ma all’improvviso, quando lei lo lascia per un altro uomo potente e grande decisionista, lui si accorge che l’idillio è terminato. Cerca di recuperare Loredana ma utilizza sempre quel suo vecchio modo di avvicinarla, esserle amico, ascoltarla, inizialmente dando massima disponibilità economica e nella gestione dei figli successivamente, di fronte ai rifiuti di lei, denigrandola ferocemente in presenza della figlia minore.

Il cambiamento dei bisogni personali e relazionali di Loredana e, viceversa, il senso di tranquillità che da anni Rino aveva raggiunto nel poter essere sempre più o meno lo stesso, consapevole di avere accanto una persona capace e dedita, ha portato questa coppia a non affrontare insieme le necessarie rivisitazioni del rapporto anche in virtù delle spinte e dei bisogni individuali.

Nel mondo moderno l’individuo costruisce la propria identità in prima persona, non più come avveniva qualche decennio fa, secondo criteri esterni voluti dalla famiglia o dalla cultura di appartenenza. Per ognuno di noi un obiettivo oggi considerato importante e perseguito anche a costo di rotture, allontanamenti e distacchi, è proprio lo sviluppo personale. In tal senso, il rapporto di coppia riserva vantaggi e nello stesso tempo anche pericoli all’autorealizzazione. Da un lato, infatti,

nell’unirsi ad un partner si può sperare nella crescita di sé. Dall’altro, la tendenza all’autorealizzazione, per l’appunto, può indurre a comportamenti anche sessuali e sentimentali mobili, “aperti”, molto rischiosi per il destino della vita di coppia.

L’aumento della instabilità coniugale degli ultimi decenni riflette tre grandi tendenze: l’emancipazione dei singoli da fattori esterni (parenti, credo religioso, Stato) nelle proprie scelte di vita di coppia; il mutamento dei ruoli maschili e femminili; la riduzione di importanza della funzione dei figli nei rapporti di coppia e nella società.

Nel campo dei rapporti affettivi, difatti, negli anni della “modernità” si sono create nuove opportunità e problemi per ognuno di noi nel dover delineare la propria identità e dare un significato al proprio percorso di vita che, come nei contesti più tradizionali, non è più predefinito da altri (o da “credo” esterni a sé). Questo crea possibili ansie, dubbi di fronte alle innumerevoli possibilità di scelta. In questi momenti può essere molto positiva la presenza di una persona che, amandoci e credendo in quello che siamo, ci aiuti a comprendere meglio noi stessi e a osare quello che da soli forse avremmo paura di affrontare. Per questo motivo l’innamoramento è una delle esperienze più desiderate ma anche più temute perché, se l’amore finisce, sentiamo il rischio che il nostro percorso emotivo e di identità venga bloccato. Il rapporto di coppia può essere molto stimolante e ricco quando i partner concordano sui loro progetti di vita, ma ad alto rischio di fallimento se viene percepito come limitante della crescita personale.

Da più parti si continua a pensare che l’impegno lavorativo delle donne abbia provocato frizioni nella coppia in quanto ha fatto saltare gli schemi tradizionali (moglie che si occupa dei figli, del marito e della casa sostenendo il ruolo affettivo; marito che provvede al mantenimento economico della famiglia). Sicuramente ancora oggi si possono creare grosse tensioni nella coppia quando i ruoli tradizionali dell’uomo e della donna si invertono (ad esempio, lui disoccupato e lei che mantiene economicamente il ménage familiare; oppure lei che guadagna più di lui). Senza sottovalutare questi aspetti da più parte studiati e valutati, a parere di chi scrive però, la soddisfazione coniugale non dipende tanto dal tipo di struttura familiare. Uomo e donna stanno bene insieme se la struttura di coppia che hanno adottato riflette quella che entrambi desiderano e quella che sono capaci di portare avanti anche in base all’incontro tra le personali radici trigenerazionali, e non più solo culturali, di ognuno. I problemi più gravi sorgono quando uno dei due cambia e l’altro vede il suo mutamento come pericoloso per gli equilibri della coppia o per la propria identità personale.

La storia di Lucio e Marina ci aiuta ad esemplificare ulteriormente quanto affermato. In estrema sintesi: Lucio, di 5 anni più giovane di Marina, per anni agli occhi della moglie è stato l’uomo con cui ha condiviso (e si aspettava di condividere ancora) difficoltà, soddisfazioni e decisioni. Lei propositiva, lui esecutivo. Lui all’insegna della semplicità nel fare e nell’essere, lei attiva, partecipe, trainante. Dopo tanto tempo di vita insieme, attorno ai 50 di lui, Marina all’improvviso si accorge che Lucio ha voglia di dare maggior spazio alla cura del proprio corpo, ha voglia di viaggiare, di conoscere e di non accontentarsi del lavoro che da tanto fa senza grande soddisfazione. Aspetti che Marina aveva sempre fatto notare al marito sollecitandolo a venire fuori dal suo modo di affrontare le questioni con apatia e superficialità. Questo “cambiamento” del marito la mette in allerta, inizia per la prima volta dopo tanti anni a temere, lo incalza con domande, dubbi. Mette in discussione il loro rapporto. Non riesce a vivere il miglioramento del marito come passaggio positivo da riutilizzare nella coppia per continuare un percorso insieme con presupposti differenti da quelli che 20 anni prima li avevano uniti. Dunque, cambia anche lei ma nel sospetto. La coppia crolla.

Il lavoro terapeutico in queste coppie deve avere l’obiettivo cardine di far comprendere che l’equilibrio pregresso può essere incrementato con novità, trasformazioni e anche modifiche al modo di stare insieme e alla motivazione intrinseca alla coppia. Il cambiamento, dunque, non come pericolo ma come risorsa per la continuità.

Dottoressa Stefania Martina – psicologa, psicoterapeuta

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