“Lo sport è arte e disciplina. Come la vita”. Nelle parole dell’arcivescovo di Cagliari, la sintesi dell’esistenza di Gigi Riva.
È la fine della sua partita, quella giocata da un campione nello sport e nella vita. Per l’ultimo saluto a Rombo di tuono (mai definizione fu più appropriata e chi se non un campione del giornalismo come Gianni Brera poteva inventarla) c’erano 30mila persone, praticamente uno stadio; tante le bandiere rossoblù, c’era chi lo ha visto giocare, bambini che hanno sentito soltanto il racconto dei grandi o visto le immagini del passato.
Si fa presto a dire mito, leggenda. Gigi Riva è stato, è molto di più. Per il calcio, per la Sardegna, per quanti oltre al Campione anno visto prima di tutto l’uomo, il prototipo e l’essenza dello sport.
Mai divisivo. È stato amato anche dagli avversari.
Cuore e gambe. Questo è stato.
Ha corso tanto Gigi. Vederlo incerto nel camminare, tempo fa, alla prima del film che Riccardo Milani gli ha dedicato, ha fatto un certo effetto. Era stanco Gigi e quel suo no all’intervento chirurgico che, chissà, lo avrebbe salvato, è stato come dire: ecco ho fatto tutto il campo di corsa sono davanti alla porta e segno l’ultimo goal.
“I nostri giorni passano presto” ha detto ancora l’arcivescovo nell’omelia.
Sì volano i nostri giorni e le sue acrobazie, le rovesciate, i goal segnati di testa con il suo Cagliari e con la Nazionale scorrono nella mente e nei video che in queste ore sono riproposti.
Un altro calcio senza dubbio, quello degli anni ‘70. Ed i giocatori più noti, quelli che guadagnavano molto bene al massimo investivano i soldi in appartamenti, pompe di benzina o in negozi.
A Gigi furono fatte offerte stratosferiche. La Juve di Agnelli in particolare, in pressing costante, oggi diremmo stalking, lo ha tampinato per anni ma Rombo di tuono non ha mai ceduto. È rimasto in Sardegna, la terra che lo ha accolto e abbracciato come una famiglia, quella che non aveva avuto.
Ha riconosciuto nella gente sarda la sua stessa riservatezza, la concretezza e la schiettezza sue prerogative di sempre.
La stessa gente che oggi si è radunata nel piazzale antistante la chiesa di Santa Bonaria a Cagliari e che ha gridato il suo nome ancora una volta, ha disteso le sciarpe e ha sventolato le bandiere con i quattro Mori.
Ciao Gigi.

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