15/05/2024 – Bisogna tornare a rivedere il Cielo dalle nostre personali finestrelle esistenziali. Se Michele, arcangelo di Dio venerato da tutti i maggiori Culti per popolazione, potesse parlare, dalla sua Torre in Ostia, forse direbbe queste parole. Si perché, se non si guarda al Cielo si rischia di voler essere come Dio.
Oggi comunità sempre più numerose provenienti da altre culture e culti vivono nelle nostre cittadine; tuttavia le nostre Istituzioni non riescono a garantirne un approdo ‘degno’. A sempre un maggior numero di cittadini credenti non si riesce a garantire quello che la Costituzione lungimirante aveva avvistato come fondamentale, il diritto di esistere praticando il proprio culto “degnamente”.
[N.B.: l’ingresso per la preghiera dalle 10 alle 12.30 circa è per Invitati e non invitati fino a un massimo di 50 persone! Successivamente entrata scaglionata per tutti alle ore 12.30 circa, dopo la preghiera e benedizione]
Continue lamentazioni ci giungono dalle comunità territoriali; non è solo una questione legata alla comunità islamica locale (che si ricorda prima accolta dai politici con alcune condizioni salvo poi essere sfrattata e riparare in luogo privato), ma anche dagli ortodossi piuttosto che da diverse altre fedi. Qui si parla di centinaia di migliaia (si prende a campione il X Municipio romano soltanto) di persone e cittadini.
Sarà occasione, in seguito, di curare più nel merito queste condizioni specifiche. Oggi però è importante notare come Ostia, come tutto il Bel Paese, sembra imparare e rimettere in circolo dal passato grande parte degli insegnamenti negativi senza invece voler fare memoria attiva e fattiva di quando in qualche modo eravamo ‘Caput Mundi’ e magari si potrebbe essere di nuovo utili all’umanità tutta.
Il prossimo 18 Maggio ore 10, i responsabili religiosi del nostro Territorio saliranno sulla Torre San Michele, splendido lascito del nostro meraviglioso e unico passato, che da qualche hanno, la rete Pacis (ass.ne La Ciurma) prima e la commissione cultura della prefettura diocesana locale oggi, ha reso il simbolo di un dialogo inter religioso di cui Ostia si riappropria dalla sua storia millenaria.
Grandi passi sono stati fatti, da quando, un primo documento venne firmato, nel lontano 2010, nel mastio del Castello Giulio II (perché la Torre era inaccessibile) con la presenza delle più alte Istituzioni locali, la rete Pacis e i responsabili delle religioni locali. Copia dello stesso sono esposte presso le chiese dei vari culti, nell’ufficio del priore di Sant’Aurea, al municipio. Una copia inviata al Papa, l’originale campeggia nel Castello di Ostia Antica.
Si perché, la riscoperta dei resti della cittadina d Ostia Antica, oggi Parco Archeologico di progressiva fama mondiale (seconda a Pompei!), ci ha svelato quella meravigliosa convivenza non solo delle fedi, ma della cultura, sociale e cittadina in genere di diversi culti, relazioni di scambio tra i popoli, nel segno dell’identità personali, che sono durate fino a quando la sempre crescente crisi dell’impero romano ha generato repressioni e persecuzioni, polarizzazioni e strumentalizzazioni.
La paura, la debolezza, la fragilità di uno Stato, come di una persona, causa la paura, a volte il terrore, di quello che non conosciamo, del diverso; così è umiliante, come cittadino ostiense, romano, italiano, assistere ad una classe dirigente di ‘paurosi’ che negano da un lato con la repressione, dall’altro con l’universalizzazione dei diritti (di stampo franco rivoluzionario, quando non di matrice sovietico-comunista) recidendo il legame con i culti millenari.
A chi addita alla santa romana chiesa l’intento di mantenere un certo status quo va detto con chiarezza che questo davvero ‘santo’ (in senso evangelico) Pontificato mostra l’approccio Cristico nei confronti del ‘diverso’ ; prova ne è gli sforzi che la chiesa cattolica sta facendo per agevolare il dialogo e anche una certa strutturazione dei culti diversi, perché una società civile di ‘timorati di Dio’ ha un equilibrio che ci siamo dimenticati, necessario anche alle istituzioni politiche. Doveva venire un Papa Francesco, “dall’altra parte del mondo” a scardinare gli errori, a volte gli orrori, un sistema esclusivo, di una certa cupola elittaria, arrogante, farisaica, che bene va a braccetto con i potentati e le massonerie per mantenere a pochissimi privilegi e posizioni.
“Un passo indietro nella storia per un balzo in avanti verso un nuovo futuro”, questa sembra essere l’idea forza abbracciata come metodo dalla commissione cultura della prefettura di Ostia-diocesi di Roma, e dalle attività che essa “benedice”, da quando il Vescovo Dario Gervasi volle istituirla un paio di anni fa scegliendo proprio come sede la Sala Riario dell’Episcopio Ostiense come sede rappresentativa, riappropriandosi di un luogo estendendolo a tutta Ostia ecclesiale e non solo perché questo non sia soltanto utilizzato per sporadiche manifestazioni o occasione di business, oppure da esperienze frammentate e personalizzanti, ma simbolo e segno di una cultura, cristiana, che è alle fondamenta di un messaggio evangelico senza il quale qualsiasi manifestazione perderebbe il senso identitario.
Allora è tempo di tornare a far splendere il messaggio di Dio, testimoniato da Gesù anche attraverso quella ‘resurrezione dei morti’ di tipo culturale, sociale, storico, che ci riallaccia e ci innesta alla Bellezza del Cielo anche qui sulla Terra, che in fondo è Cristo nostro Signore e il Santo Spirito che da Lui e da Dio procede.
Stefano Di Tomassi