24/09/2022 – Ha visitato “nuova Ostia” don Antonio Coluccia, conosciuto dalle cronache nazionali come “il prete anti mafia”; va tra quartieri e strade piazze di spaccio a conoscere le persone e spesso a tirarsele dietro nelle cooperative e strutture lavorative.
Per questo è sotto scorta, da quando, anni fa, ha ricevuto minacce dirette; ha fatto storia un coltello sull’altare, si racconta.
Ha voluto lanciare un messaggio proprio da qui, Piazza Gasparri approfittando dell’invito di Maricetta Tirrito responsabile dell’organizzazione che si batte quotidianamente contro la criminalità e l’usura.
Hanno preso un pallone e hanno scambiato dei ‘passaggi’ tra le vie per poi fermarsi all’interno della piazza che hanno trovato decisamente deserta.
Quando la gente è chiusa dentro casa, in certi luoghi, non è un buon segno.
Conoscono molto bene, don Antonio e la dottoressa Tirrito, i segnali che accompagnano l’anti cultura criminale, un sottobosco fatto di silenzi, sguardi, deserto di relazioni serene.
In effetti la zona ci racconta di una preoccupante riattivazione criminale, soprattutto in un periodo storico socio culturale nel quale le famiglie sono aggravate da maggiori necessità. Solo da poche ore l’aggressione, in stile malavitoso, ad un giovanissimo del Carlo Urbani, unico baluardo scolastico, di grado superiore, rimasto nel quartiere.
“I preti”, i loro stretti collaboratori, non si barrichino nelle chiese o negli spazi parrocchiali – sembra evidenziare don Antonio – non si chiudano come fossero bunker, fortini, perdendo il contatto con la realtà; anzi scendano nei parchetti a giocare a pallone con i ragazzi e diventerà una potente arma di dissuasione allo spaccio oltre che permettere di conoscerli.
Ma certamente non è semplice.
In passato, alcuni abitanti del quartiere ci hanno raccontato, il sacerdote, attuale parroco di San Vincenzo provò addirittura a interessarsi delle questioni della zona ricevendo purtroppo anche insulti. Anche i muri intorno alla “chiesa tra le serrande” si sono macchiati di scritte ingiurose. Il parroco ha quindi ripitturato di grigio scuro le famose serrande colorate con i personaggi e motivi cristiani ormai rovinati, che però ora appaiono tanto tristi quanto anonimi.
Anche la chiesa più grande, parrocchia Nostra Signora di Bonaria, rischia sempre di cadere nella tentazione di non aprire il recinto che la circonda, seppure il quartiere si è stretto vicino a lei in un amorevole abbraccio sociale fatto di Skatepark e di mercato sociale.
E’ emblematico che la chiesa di nuova Ostia per eccellenza non abbia neanche un citofono al cancello esterno, se non per parlare a voce con chi potrebbe ‘bussare’.
Forse occorre saper ascoltare, incontrare per poi dialogare con chi ‘parla lingue e linguaggi diversi’, ma è certo che in zone di periferia, di emarginazione, di povertà materiale e spirituale occorra chi sappia fare missione in mezzo alla gente.
La chiesa di Ostia ha attivato ormai da più di un anno progetti per i giovani che la riguardano più direttamente, la rete inter parrocchiale degli oratori di Ostia, e che è decisamente più “in uscita da se stessa” con unità di strada, tornei con i ragazzi conosciuti, visite nelle scuole. Un nuovo corso è iniziato e comincia a cambiare il panorama giovanile locale.
Tuttavia la preoccupazione è che vi sia “un’altra chiesa” anziché “in uscita”, come si diceva poc’anzi, “la chiesa in chiusura”, che di fatto, seppure non consapevolmente, rigetti in mare quei ‘naufraghi della società’ anziché lanciargli un salvagente.
Una chiesa impermeabile e impermeabilizzata ai quartieri, che veda il percorso ascolto-incontro-dialogo sotto forma di esclusiva assimilazione al proprio iter, al modello.
Invece, lo stesso Papa Francesco ce lo ricorda spesso, è l’inter-culturazione (o inculturazione) la chiave di una teologia del cuore che sappia porgere l’orecchio senza avere paura ed essere la portavoce di un Cristo Gesù che è direttamente via di verità e vita.
Sdt