01/07/2020 – Scritte oltraggiose e blasfeme sono comparse anche in questi giorni lungo i muri esterni di alcune chiese di Ostia. Oltre ai simboli blasfemi anche insulti generici verso i sacerdoti. Addirittura la chiesa alla periferia della periferia, A Nuova Ostia, la chiesetta dietro le serrande, San Vincenzo de Paoli è stata assaltata qualche tempo fa e i ladri hanno fatto breccia dal bagno evidentemente per rubare.
Fa riflettere come ad essere attaccata non sia una Chiesa ricca, imbellettata di ori e marmi, ma una Chiesa povera e tra i poveri, la Chiesa “ospedale da campo”, la Chiesa che combatte la sua battaglia antica contro la diabolica solitudine, la chiesa santa della sua eroicità.
UNA RETE E UN RUOLO DA CONSOLIDARE
Ma forse, pur porgendo l’altra guancia, le chiese potrebbero condividere l’esperienza di una giusta battaglia; deve crescere tra le chiese del territorio ostiense la rete con le realtà municipali del volontariato territoriale; troppo pericoloso anche rimanere isolati da un lato, un peccato non godere del reciproco aiuto dall’altro. Più presenza nelle Consulte Municipali, in particolare “inclusione sociale” e “volontariato”. Presenza dei sacerdoti anche nelle Commissioni Municipali, altro organo più operativo. Di qui non si può più non passare.
Matura sempre più anche quel tempo che il territorio abbia rappresentanti politici credenti e credibili. Che bello sarebbe se nelle celebrazioni i nostri Pastori pregassero con: “Signore, mandaci politici, mandaci politici ‘santi'”.
Maggiore capacità di ufficiale incontro tra le chiese del territorio ostiense e perché non pensare anche a un Diocesi di Ostia e Ostia Antica, magari riunita al territorio di Fiumicino e Litorale. Perché i cristiani veri eroicamente mostreranno sempre l’altra guancia, ma insieme, più vicini, più prossimi, più consapevoli della nostra “casa comune” dove abitiamo il nostro grido verso il cielo può giungere più forte.
LA RIFLESSIONE
Il coraggio dimostrato da queste chiese è un valore da diffondere nella nostra società laica; la persecuzione che non affossa ma che è motivo di nuova e verace testimonianza è un esempio da gridare dai tetti, anche verso gli stessi zelanti cattolici e religiosi abituati a “pettinare le loro poche pecorelle virtuose” o ai conoscitori delle norme canoniche e magisteriali che si battono il petto, o a chi fa della dottrina sociale un mezzo di consenso politico. Si, perché se è vero, come è vero, che peggio del rancore c’è la gelida indifferenza allora c’è da riflettere su ‘chi’ proietta verso i muri delle nostre chiese la sua rabbia, urla la sua disperazione.
Forse sono giovani? E allora come fare a concentrare la nostra attenzione anziché soltanto a questi giovani di buone famiglie ben ovattati, diremo oggi igienizzati dai “terreni di battaglia”, pascolanti nei nostro cortili anzi giardini clericali, verso questi “pecorelle smarrite”?
E se fossero i poveri che cercano giustizia? Quale giustizia e soprattutto “come” potremmo mostrargli? Con quali strumenti? Forse con quelli ‘neo catacombali’ che li spingerebbero a nascondersi dalla loro società trasformando una paura e una rabbia che vuole distruggere in una “santa” rabbia che rischi però di condannare e giudicare?
LA CONCLUSIONE
Sentiamoci chiamati, come cristiani, a pregare e operare nelle chiese ma anche a partecipare alla formazione verso una carità anche consapevole e nei luoghi istituzionali. Caritas di Roma – per dire solo un’ultima occasione – sta organizzando un Corso di Formazione nel Progetto “fattiDIrete” che può permettere anche a te di unire lo spirito cristiano ad un’azione coordinata, preparata e seria. Cerca su Internet e troverai il modo di iscriverti. Non ci rimane che tornare a porgere l’altra guancia intanto affidandoci alla protezione del Signore e anche a quello che potranno fare coloro autorizzati alla sicurezza pubblica per evitare che dalle scritte rabbiose si passi ad altro.
[Associazione La Ciurma – SDT]
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